FOMO: dipendenza dai social network e la paura di essere disconnessi
Scopri cos’è la sindrome FOMO
Sarà capitato anche a te di stare anche molto tempo con il tuo smartphone a portata di mano, per sbirciare i nuovi post su Facebook, per verificare il profilo Instagram o per vedere i nuovi video virali di TikTok e via dicendo. L’iper-connessione alla quale siamo “abituati” oggi ci porta ad essere tutti produttori di contenuti di testo, foto, video, chi più e chi meno, siamo tutti Social Addicted! E sì, perché la dipendenza c’è, inutile negarlo, che sia solo per passatempo o per curiosità, ognuno di noi ha almeno tre profili social aperti e consultati quotidianamente e più volte al giorno.
Considerata infatti la forte affluenza di utenti che trafficano ora dopo ora i canali social, sono moltissime le aziende che si avvalgono di marketing agency social media, per aprire e gestire le pagine aziendali e fare social marketing. Ogni giorno nei feed social passano moltissimi contenuti tra cui anche quelli aziendali, e i social diventano una dimensione parallela a quella reale, ma che probabilmente, e in alcune condizioni, diventa ancora più pregnante per il business delle imprese che si affidano ai social network.
Così diventa la regola cercare contenuti anche di aziende e possibili “consigli commerciali”. I social hanno infatti allargato i confini commerciali, sdoganando il concetto della “pubblicità” sui tradizionali mezzi di comunicazione. In alcuni casi, però, la dipendenza delle persone dai social network oltrepassa i limiti delle ordinaria gestione e diventa così profonda, da diventare patologica e prendere il nome di una sindrome: la FOMO – Fear of Missing Out – ovvero la paura di essere tagliati fuori dalle relazioni sociali che diventa espressione di questo “disturbo sociale”. In questo frangente, chiaramente, i contenuti principi non sono “anche quelli aziendali”, ma quasi esclusivamente quelli personali, appartenenti alla cerchia dei social friends.
Cosa è la sindrome FOMO?
Già da prima dell’esperienza pandemica che abbiamo fatto, ma a maggior ragione ancora di più dopo, ci siamo abituati a mantenere le nostre relazioni online, in un nuovo spazio di interazione in cui diventa essenziale l’interazione con i propri contatti o anche solo il poter “far parte della loro vita”, attraverso una quotidiana (in alcuni casi spasmodica) necessità di essere costantemente connessi a controllare quello che accade o è accaduto in nostra assenza.
Questo nuovo disturbo è caratterizzato dalla paura sociale dell’esclusione, per l’appunto l’essere tagliati fuori. Questo disturbo nasce come una sottile percezione di non “sapere”, del non essere informati sui nostri contatti o su quanto “accade” nel mondo virtuale, fino a spingere le persone a preferire “una connessione virtuale” in luogo d’una chiaramente reale. Proprio per questo si parla sicuramente di un disturbo di ansia sociale, ma poi diventa un vero e proprio “fenomeno socio culturale”.
Sapere che i nostri contatti possano magari fare qualcosa, o avere qualcosa, che reputiamo migliore, fa percepire un disagio così forte da diventare sofferenza profonda, che trova la sua radice nel fatto che “siamo stati esclusi” da quel programma o dall’avere anche noi “quella determinata situazione” che reputiamo fonte di gioia e benessere.
Questa dipendenza tecnologica ha risvolti importanti e ricadute che vanno esaminate ben più approfonditamente, perché può degenerare in vere e proprie crisi di astinenza, nel caso in cui diventi impossibile “lo stare connessi”.
Cosa c’è dietro la sindrome di FOMO
Lo stare “disconnessi” crea un fortissimo disagio in certuni, cosa che può svelare problematiche ben più gravi della semplice ansia di “perdere la vita degli altri”. Dietro alla sindrome di FOMO si cela spesso il bisogno di dover “controllare la vita altrui”, come espediente per evadere da proprie insicurezze, solitudini e insoddisfazioni esistenziali.
Sugli altri si proietta il proprio ideale di vita. O almeno lo si cerca tra i mille post che si affollano nel feed social. Il desiderio di una vita magari diversa o migliore porta all’idea che gli altri possano avere una esistenza più piena e appagante. Si entra in un circolo vizioso: i sentimenti provati nel vedere “la felicità altrui” diventano percezione della propria infelicità e del personale senso di “estraniazione e disconnessione” alla felicità altrui. Solo apparentemente lo “stato di controllo” tiene compagnia. Il più delle volte si tratta di una illusione dietro cui si cela questo disturbo sociale che crea, alla lunga e nel perdurare del tempo, un senso di solitudine e disadattamento ancora più forti. Spesso, infatti, non si tiene conto del fatto che sui social network spesso “si sceglie cosa raccontare” e che magari la realtà è ben diversa. Altre volte semplicemente “l’essere” e “l’apparire” combaciano, ma come in tutte le cose è “il buon senso” a fare la differenza.
In conclusione
Oggi indubbiamente i social network fanno parte delle nostre quotidianità più di quanto non ce ne rendiamo conto: è certamente bello poter “sperimentare nuove identità comunicative” e affidare a vettori più moderni e dinamici i battiti del nostro cuore, le personali emozioni, il tempo libero e i momenti divertenti o felici e anche quelli che lo sono di meno.
I social sono certamente frutto del nostro grande bisogno di comunicare, ma sono espressione anche della umana esigenza di renderci “più interessanti agli occhi altrui”. Da questo punto di vista i Social non sono solo lo spazio specifico delle persone, ma possono diventare un ambiente prezioso anche per le aziende: anch’esse, infatti, possono (e devono) saper sfruttare l’elevata presenza degli utenti, per poter estendere i propri contenuti, comunicando parti di sé, dei propri valori e far conoscere il personale brand.
Anche le aziende possono trovare lo spazio ideale, dove dialogare con i pubblici di riferimento, perché al di là di una relazione più o meno “ossessiva” con i social network è innegabile infatti quanto la loro presenza sia oggi “la normalità” nella vita di ciascuno di noi.